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24/01/20 - Food delivery: fenomeno in crescita e risorsa per i ristoratori

Nell’articolo di oggi parliamo di food delivery, un fenomeno in costante crescita, specie negli ultimi anni.


Quante volte con i tuoi amici, fidanzato/a o in famiglia è capitato di non avere voglia di cucinare, ma in compenso desiderare proprio l’hamburger di quel noto fast food, una bella pizza fumante senza passare dalla cucina o qualche roll dell’ uramakeria più amata? Sicuramente spesso, dal momento che i dati di Altroconsumo parlano chiaro: su un campione di 2500 persone, quasi il 40% ha dichiarato di aver ordinato cibo a casa negli ultimi 3 mesi e il 13% si definisce un assiduo utilizzatore di questo servizio, con oltre 10 ordini all’attivo.


Da questo sondaggio di Altroconsumo emerge anche un altro interessante aspetto: non è corretto associare la pratica del food delivery unicamente ad una clientela giovane, in quanto sembra che la carta di identità non sia una discriminante così importante quando ci si rivolge a questo tipo di servizio, ciò su cui incide è solo la frequenza con la quale se ne fa ricorso.


Ma se l’app per cellulare rappresenta la modalità di gran lunga più scelta per effettuare gli ordini, permettendo di innescare una comunicazione che sfrutta la forza di Internet, lo scarto nell’indice di gradimento tra gli erogatori di tale servizio non è affatto così netto: vince (di poco) Just Eat, seguito da Uber Eats, poi Glovo e infine Deliveroo.


Just Eat, recentemente acquisita da Takeaway, compete nelle consegne a domicilio con gruppi come GrubHub, Delivery Hero e Uber Eats, ma quella che si è formata tra Just Eat e Takeaway rappresenta una combinazione davvero promettente: la nuova società avrà sede ad Amsterdam, sarà guidata da Jitse Groen e verrà quotata alla Borsa di Londra. Le filiali di cui disporrà saranno 23, dislocate tra Europa, Canada, Australia e America Latina. I risultati dell’anno 2019 non sono ancora conosciuti, ma nel 2018 il fatturato complessivo di Takeaway e Just Eat è stato di 1,21 miliardi di euro.


Dunque, un business del genere deve necessariamente essere sfruttato dai ristoratori, che non possono permettersi di “rimanere fuori dal giro”: la parola d’ordine è soddisfare una domanda sempre più frequente.
E per farlo è possibile sfruttare un’applicazione già esistente e utilizzare la loro rete logistica, oppure organizzare ex novo un servizio di consegna a domicilio. Seguendo la prima strada, la mossa da fare per iniziare è stipulare un contratto di affiliazione con la società dell’applicazione, che si occuperà di aggiungere il ristorante tra quelli disponibili sull’app e della comunicazione attraverso i canali digitali.
La seconda via, sebbene permetta maggiore libertà di azione, comporta anche maggiore sforzo per essere attuata: al ristoratore spetta reclutare personale, attrezzatura e pensare ad una efficace strategia di comunicazione.


In ogni caso, qualsiasi sia la strategia prescelta dal ristoratore, mettendo a disposizione il servizio di food delivery potrà raggiungere tante persone in più, aggiungendo come un “tavolo virtuale” all’interno delle loro case che si sommerà ai tradizionali coperti, permettendogli di ampliare la propria offerta, laddove il budget glielo consenta, ovviamente.


Insomma, i vantaggi sono parecchi, essendo il food delivery un servizio sempre più in linea con lo stile di vita frenetico e dinamico che ci contraddistingue al giorno d’oggi: un’importante leva di marketing che, per essere sfruttata in maniera efficace, deve essere gestita in modo preciso, senza sprechi in termini di tempo e di budget.

 

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